Al Forum Economico di Delfi discussa la Planetary Health Diet formulata dalla Eat Lancet Commission: somiglia molto alla vera dieta mediterranea

Una riduzione drastica delle proteine di origine animale, carne e derivati, il ricorso a dei grassi “sani”, come l’olio d’oliva o la frutta secca, la centralità di verdure, legumi e cereali integrali. Ma anche l’attenzione per le filiere corte, la predilezione per i prodotti freschi rispetto ai cibi processati del fast food o del supermercato, la riduzione degli zuccheri, l’attività fisica, o ancora la cura per il territorio, il legame stretto tra chi produce e chi consuma.

Sono questi gli ingredienti che accomunano la “Planetary Health Diet” formulata dalla Eat Lancet Commission – uno dei più autorevoli progetti al mondo in fatto di dieta, salute e sostenibilità – e la dieta Mediterranea, secondo quanto emerso durante un convegno sui sistemi alimentari, la sostenibilità e l’azione climatica, che si è tenuto in occasione del Forum Economico di Delfi, in corso in questi giorni nella celebre cittadina greca.

“Le nostre scelte alimentari hanno un peso importante sul nostro impatto ambientale, tra cui le nostre emissioni di gas serra, e sulla nostra salute,” ha detto Walter Willet, ricercatore della Harvard School of Public Health, durante il suo intervento. Willet, oltre ad essere uno dei più noti esperti in materia di nutrizione e diete sostenibili, è anche esponente di punta della Eat Lancet Commission. Il gruppo di ricerca, nato intorno alla famosa rivista scientifica Lancet, è composto da 35 scienziati di 17 Paesi, che negli ultimi anni hanno formulato la “Planetary Health Diet”: una serie di linee guida che sono diventate un punto di riferimento internazionale.

“Se consideriamo che saremo 9.8 miliardi di persone entro il 2050, usare la scienza per creare una dieta sana per il pianeta e per le persone è una corsa contro il tempo” ha detto Willet.

Dal punto di vista degli alimenti, la dieta è sostanzialmente una dieta plant based, dove il 50% degli alimenti sono frutta e verdura, i cereali sono prevalentemente integrali con percentuali minime di farine raffinate, c’è una drastica riduzione delle proteine animali – sia carne che derivati – a favore di un maggiore utilizzo di fonti proteiche vegetali, come i legumi o la soia, e di alimenti privi di grassi saturi, come l’olio di oliva e alcuni olii di semi, come l’olio di colza o di soia, oppure la frutta secca.

Secondo i calcoli del gruppo di ricerca di Willet, se ci fosse una diffusa adozione di questo tipo di dieta a livello globale ci sarebbe una maggiore longevità (50 milioni di morti in meno ogni anno), un crollo delle emissioni di gas serra (-29% nel settore alimentare), e il dimezzamento dell’utilizzo del suolo, oggi in larga parte destinato alla cultura di mangimi. “Invece di fare coltivazioni per alimentare gli animali,” ha detto Willet, potremmo usare il suolo “per migliorare la cattura di CO2 e per altri fini migliori.”

La vera dieta mediterranea

L’aderenza della Planetary Health Diet con la dieta Mediterranea è stato un argomento costante dell’incontro, organizzato dal Centro per la ricerca e l’educazione alla salute pubblica dell’Accademia di Atene in collaborazione con l’università di Harvard. In particolare, a parlare delle virtù dell’esempio mediterraneo è stata Antonia Trichopoulou, membro dell’Accademia di Atene e celebre ricercatrice, considerata la madre del concetto stesso di dieta Mediterranea, grazie a decenni di ricerche in ambito nutrizionale sin dagli anni ‘60.

“Si tratta di prendere l’esempio della dieta Mediterranea anche in altre parti del mondo e cercare di produrre e di consumare localmente,” ha detto Trichopoulou a Huffington Post, spiegando che l’autentica dieta Mediterranea è un modello, che segue dei principi che possono essere replicati in altre parti del mondo, recuperando elementi delle rispettive diete tradizionali. “Non puoi seguire una dieta Mediterranea in Groenlandia,” ha detto, “ma puoi trovare il modo di scegliere ingredienti vegetali” su cui basare l’alimentazione.

Secondo Trichopoulou, oggi il termine dieta Mediterranea è largamente abusato o utilizzato impropriamente, mentre le nuove generazioni, anche in Paesi come la Grecia e l’Italia, continuano a discostarsi e a perdere i legami con questo regime di vita e alimentare.

“C’è disinformazione e un utilizzo sbagliato del termine dieta Mediterranea, in base a quello che qualcuno vuole promuovere,” ha detto. “Ricordo di aver visto un pacchetto di patatine fritte con l’etichetta ‘Dieta Mediterranea’ perché erano fritte in olio di oliva.”

Gli italiani seguono la dieta Mediterranea?

Secondo uno studio pubblicato nel 2024 dall’Istituto Superiore di Sanità, in Italia soltanto il 5% della popolazione mostra “un’ottima aderenza” alla dieta Mediterranea, più spesso studenti, donne sotto i 40 anni, vegetariani e vegani, mentre la stragrande maggioranza del campione (87,7%) ne segue solo parzialmente il regime alimentare.

“Con i fenomeni dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione, infatti, si è assistito ad una vera e propria transizione nutrizionale, caratterizzata da un discostamento sempre più evidente da tale modello dietetico e al contempo un’occidentalizzazione delle abitudini alimentari,” ha detto Marco Silano, direttore del Dipartimento malattie cardiovascolari, dismetaboliche e dell’invecchiamento dell’Iss, commentando i risultati dello studio.

A Delfi era presente anche una delegazione di Pollica, cittadina in Cilento divenuta celebre perché riconosciuta dall’Unesco come una “Comunità emblematica” per la dieta Mediterranea in Italia, e che per questo da anni fa attività di promozione internazionale degli stili di vita legati all’autentica dieta Mediterranea.

“Il termine dieta Mediterranea è veramente abusato,” ha detto ad Huffington Post Stefano Pisani, sindaco di Pollica. “Basterebbe per tutti coloro che ne parlano andare a vedere cosa  ha scritto l’Unesco quando ha riconosciuto quel patrimonio culturale immateriale, e scoprire che è ben altro che un semplice regime alimentare.”

Secondo Sara Roversi, fondatrice del Future Food Industry, che collabora con il comune cilentano per progetti di educazione e promozione, “in questi anni la dieta Mediterranea è diventata un po’ appannaggio delle grandi industrie che l’hanno fatta diventare un claim di marketing. La dieta Mediterranea non è il singolo alimento, non è l’alimento iper processato.”

“Bisogna cominciare a rimettere in coltura tutte le aree marginali abbandonate del nostro meraviglioso Paese, che ha suoli, paesaggi che hanno un valore inestimabile,” ha detto Roversi. “La stessa cura dobbiamo averla per le nostre coste, per le nostre aree marine, e la stessa cura dovremmo averla nel prenderci tempo, per scegliere cosa mangiare, per andare a un mercato rispetto che a un grande supermercato, che ci fa comprare qualcosa inscatolato che non ha una storia, non ha un percorso che si è preso cura di quel che è l’ecosistema che lo ha generato.”

 

(Foto di Tal Surasky su Unsplash)

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