Il cibo è responsabile di un terzo delle emissioni serra e del 90% della deforestazione tropicale.
Il sistema alimentare globale è sull’orlo del fallimento: sta contribuendo in modo determinante alla crisi ambientale che sta compromettendo le condizioni di vita sul Pianeta, e sta fallendo nel suo obiettivo principale, ovvero garantire il diritto al cibo a tutta la popolazione mondiale. Questo è il punto rimarcato più volte nel corso dei tre giorni del summit delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari che si è tenuto a Roma presso la sede della Food and Agricolture Organization (FAO) dal 24 al 26 luglio.
“Questo evento riguarda i sistemi alimentari, ma in realtà riguarda le persone, e l’esigenza di rispettare il più fondamentale dei diritti umani, il diritto al cibo”, ha detto nel suo discorso di apertura il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, ideatore del primo Food System Summit delle Nazioni Unite, tenuto a New York nel 2021.
I numeri danno una chiara fotografia del problema. Secondo l’ultima edizione del report State of Food Security and Nutrition in the World, pubblicato ogni anno dalla FAO, nel 2022 erano 735 milioni le persone che soffrivano la fame, in forte aumento di 122 milioni rispetto al 2019. Allo stesso tempo, i nostri attuali modi insostenibili di produrre, confezionare, distribuire e consumare il cibo sono responsabili di almeno un terzo di tutte le emissioni di gas serra, del consumo del 70 percento dell’acqua potabile mondiale, del 90 percento della deforestazione tropicale e del drammatico crollo della biodiversità in atto.
“Il sistema alimentare è malato”, ha detto Corinna Hawkes, direttore della divisione Sistemi alimentari e sicurezza alimentare alla FAO. “Alcune delle sfide più difficili riguardano come il modo in cui il cibo è coltivato e prodotto contribuisca al cambiamento climatico, che a sua volta rende più deboli i sistemi agroalimentari”.
Una nuova rivoluzione verde?
Il Food System Summit di Roma ha visto la partecipazione di 2000 delegati, tra politici, esperti, rappresentanti delle Nazioni Unite, del mondo privato e delle organizzazioni non governative, provenienti da 180 Paesi. Tutti gli interventi si sono trovati d’accordo su un punto: l’urgenza di trasformare il sistema alimentare globale, ovvero l’insieme dei sistemi di produzione, distribuzione e consumo di cibo nel mondo.
Il vero terreno di scontro, emerso trasversalmente nei vari incontri che hanno scandito il summit, riguarda il come debba avvenire questa trasformazione: continuando ad aumentare la produzione o rendendo più equo e sostenibile l’attuale sistema produttivo.
L’idea di aumentare la produzione è emersa con chiarezza in alcuni incontri dedicati al continente africano, quello più afflitto dall’insicurezza alimentare. Nonostante la ricchezza delle risorse, l’Africa oggi dipende da importazioni di derrate alimentari fino a 80 miliardi di dollari l’anno (Statista 2023). Ciononostante, secondo la FAO il 19.7 percento della popolazione soffre di malnutrizione, mentre il World Food Program pone alcuni Paesi come la Repubblica Democratica del Congo e l’Etiopia in cima alla lista delle peggiori crisi alimentari, legate al sovrapporsi di cambiamenti climatici, conflitti e aumento del costo delle materie prime agricole importate.
“Il mio paese, la Somalia, ha risorse naturali in abbondanza,” ha detto Ahmed Madobe Nunow, ministro dell’Agricoltura e dell’irrigazione della Somalia, durante un panel dedicato agli investimenti in Africa. Nunow ha fatto riferimento a 8.9 milioni di ettari di terra coltivabile e 3.300 km di costa: “Proprio come molti altri paesi africani, abbiamo un grande potenziale per raggiungere la crescita, con ricadute importanti sulla vita delle persone,” ha detto.
Come soluzione a questo “problema cronico”, i partecipanti al panel hanno evocato una nuova “rivoluzione verde”: convogliare investimenti per industrializzare la produzione, meccanizzando i processi, intensificando e favorendo monocolture come mais e riso, facendo largo a prodotti di sintesi e a sementi modificate.
“È decisamente tempo di riformare e investire in modelli agro-industriali per l’Africa, sfruttando il potere della scienza, della tecnologia, dell’innovazione”, ha detto Fitsum Assefa, ministro per lo Sviluppo e la programmazione del governo Etiope.
Il ministro per l’Agricoltura e le risorse animali del Rwanda, Ildephonse Musafiri, ha detto che il proprio governo sta “sostenendo gli agricoltori per accedere a fertilizzanti e sementi modificate per resistere agli stress climatici attraverso il Programma per l’intensificazione delle coltivazioni. Almeno il 50 per cento del budget annuale del mio dicastero è destinato a questo programma”, ha detto Musafiri.
Al panel ha preso parte anche Agnes Kalibata, a capo della prima edizione del Food System Summit di New York e ancora oggi presidente dell’Alleanza per una rivoluzione verde in Africa, un gruppo di pressione per l’industrializzazione dell’agricoltura nel continente, fondato dalla Bill and Melinda Gates Foundation e dalla Rockefeller Foundation. “Dobbiamo approfittare di questo momento propizio”, ha detto Kalibata.
Il boicottaggio
Proprio il ruolo centrale di Kalibata e di altri gruppi privati nell’organizzazione del summit già dall’edizione 2021 ha scatenato un diffuso boicottaggio dell’evento da parte di decine di Organizzazioni non governative e di gruppi che aderiscono al “Civil Society and Indigenous Peoples’ Mechanism” (CSIPM), uno strumento per la rappresentanza della società civile allo United Nations Committee on World Food Security.
Nei giorni scorsi il gruppo ha pubblicato una nota in cui ha ribadito la propria stroncatura alle modalità di funzionamento del summit, che ha definito “un modo per istituzionalizzare il ruolo delle multinazionali nelle politiche alimentari.”
“Il summit è destinato a ripetere gli stessi fallimenti della prima edizione,” ha detto in un dibattito pubblico online Deirdre Woods, portavoce della sigla di agricoltori inglese Landworkers Alliance, “ovvero far progredire ancora i sistemi alimentari industriali e aprire le porte delle Nazioni Unite a un’influenza ancora maggiore delle aziende private e dei loro consorzi, senza nessun sistema di controllo.”
Posizioni critiche sono emerse anche all’interno del summit. In particolare un evento collaterale organizzato dall’Ong tedesca Welt Hunger Life ha affrontato il tema della partecipazione: “Il governo dei sistemi alimentari non si può decidere senza le persone che ne fanno parte,” ha detto il moderatore dell’incontro, Alexander Müller.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di Mary Njeri Karanu, portavoce dell’organizzazione agricola del Kenya Rural Outreach Africa: “Come membri della società civile, portiamo la nostra prospettiva al tavolo, ma spesso non coincide con le priorità del governo,” ha detto Karanu. “Stanno eliminando il bando agli organismi geneticamente modificati (Ogm) […] e il divieto sul taglio del legno, rimasto in vigore per sei anni, il che comprometterà le nostre risorse idriche.”
L’altra trasformazione
Su tutt’altro fronte rientra l’intervento di Li Ailan, vicedirettrice generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui l’attuale produzione agricola ha già superato i limiti di sostenibilità del Pianeta contribuendo a generare la crisi climatica, le epidemie, il crollo di biodiversità. Per questo Ailan ha indicato l’esigenza di utilizzare le risorse in modo più equo e efficiente, soprattutto in vista dell’aumento della popolazione globale, che raggiungerà i 10 miliardi di individui nel 2050.
“La produzione mondiale di calorie è aumentata con l’aumentare della popolazione, ma la capacità delle persone di accedere a delle diete sane si è ridotta in tutto il mondo,” ha detto Ailan. Citando dati FAO, l’esponente dell’Oms ha ricordato che il problema della malnutrizione riguarda sia i 195 milioni di bambini che nel 2022 soffrivano di problemi di insufficiente accesso al cibo, sia i 37 milioni di bambini sotto i 5 anni affetti da obesità in altre regioni del Pianeta.
“Fare le giuste scelte alimentari è difficile, ma non impossibile,” ha detto. “Per andare verso una popolazione sana e un Pianeta sano, le diete devono bilanciare gli alimenti di origine animale e vegetale, con accesso limitato al consumo di carne rossa e processata, che hanno un impatto sulla salute.”
Sul tema delle diete, ha preso la parola anche Lana Weidgenant, in rappresentanza di un gruppo di giovani coinvolti nei lavori del summit. Weidgenant, attivista climatica, ha parlato espressamente di “consumi sostenibili”: “Uno dei punti centrali per noi e che ci si dica chiaramente che dobbiamo ridurre il consumo di carne, in particolare nel Nord del mondo e nei paesi dove il consumo è elevato”, ha detto.
Altri interventi, in particolare nel panel Food systems for the Planet, hanno richiamato la necessità di approcci agricoli diversi, come l’agricoltura rigenerativa, che si basa su un migliore utilizzo del suolo e delle risorse.
“Parlando del mio Paese, il Lesotho, il sistema agricolo è sempre stato molto vulnerabile ai fenomeni legati ai cambiamenti climatici,” ha detto Masia Joane, portavoce del ministero dell’Agricoltura e della sicurezza alimentare del Lesotho. Joane ha detto che fino ad oggi la scelta di “promuovere le monocolture” ha aumentato ulteriormente questa vulnerabilità, generando “risultati molto modesti per il Paese”. Per questo, ha concluso, il Paese sta facendo rete con altri Paesi del Sud del mondo per mettere a punto sistemi diversi per la produzione agricola, basati sulla sostenibilità e la prevenzione del rischio.
Il summit è stata l’ennesima prova che la strada per la trasformazione del sistema alimentare è tutt’altro che tracciata, per quanto il tempo stringe sempre di più. Quello che è certo è che il dibattito è destinato a rinnovarsi molto presto, a partire della prossima Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (Cop28), che si terrà a dicembre 2023 negli Emirati Arabi Uniti. Nel corso del summit di Roma, il ministro per il Cambiamento climatico degli Emirati Mariam bint Mohammed Almheiri ha annunciato che l’evento porterà “la più forte spinta mai data ai sistemi alimentari e all’agricoltura.” In quale direzione, dovremo aspettare i prossimi mesi per saperlo per certo.
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